
Per l’anno scolastico 2025/2026 il tempo pieno nella scuola primaria registra una discreta applicazione attestandosi a una media nazionale del 51,2%. A dirlo sono i dati forniti direttamente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. La regione dove viene maggiormente applicato è il Lazio (con il 70,8%), con ottimi riscontri anche in Emilia Romagna (65,1%) e Piemonte (64,1%). I territori regionali che invece rivelano una minore applicazione sono la Sicilia (20,7%), la Puglia (31,7%) e la Calabria (36,4%).
Storia del Tempo Pieno in Italia
Il cosiddetto tempo pieno è stato introdotto in Italia all’inizio degli anni ’70 con la legge 820/1971.
Come tutti sappiamo consiste di un’estensione temporale delle lezioni in presenza che si protrae quotidianamente oltre l’orario prandiale. Lo stesso pranzo viene consumato in comune da tutti gli alunni attraverso un servizio di mensa.
La sua introduzione fu anche dettata dalle sopraggiunte necessità delle famiglie nelle quali entrambi i genitori lavoravano in ufficio, in fabbrica o in altri contesti produttivi e professionali.
In tempi relativamente recenti è stata poi stabilita la possibilità di ricorrere a un orario differenziato, secondo la preferenza o i bisogni della famiglia.
Più in particolare ci stiamo riferendo al DPR 89/2009: “Il tempo scuola della primaria è svolto (…) a 24, 27, e sino a 30 ore, nei limiti delle risorse dell’organico assegnato; è previsto altresì il modello delle 40 ore, corrispondente al tempo pieno”.
La reale disponibilità per il numero max di ore, però, dipende dalle singole istituzioni scolastiche, il che rende il quadro nazionale non proprio omogeneo ma piuttosto differenziato da regione a regione e, a volte, anche da provincia a provincia.
C’è chi vorrebbe un’applicazione più estesa del tempo pieno per determinare una settimana corta.