Dalle interessanti anticipazioni di una vasta ricerca compiuta su scala nazionale dalla Società Italiana di Ricerca Didattica (SIRD), tra i mesi di aprile e giugno, emerge che l’8% degli studenti è rimasto escluso dalle attività di didattica a distanza e il 18% ne ha fruito in modo solo parziale. L’indagine è stata portata avanti in sinergia con 11 atenei e le associazioni di docenti interrogando 16.084 insegnanti di 1.834 Comuni italiani. In verità la ricerca deve essere ancora ultimata tanto che Roberto Trinchero, professore ordinario di Pedagogia Sperimentale all’Università di Torino, e membro del direttivo della Sird, ha comunicato che i dati finali verranno comunicati solo nel mese di settembre 2020.
Didattica a distanza: per molti, ma non per tutti
La ricerca condotta dalla Sird ha considerato tutti gli ordini di scuola, dalle scuole dell’infanzia agli istituti scolastici secondari di primo e secondo grado.
“Il nostro scopo – dice Trinchero – è quello di capire realmente come sono andati questi mesi e di cosa la scuola italiana di domani potrebbe avere bisogno, ma anche dimostrare che in Italia è possibile fare ricerca universitaria su questo ambito così delicato.”
In generale la ricerca, stando alle impressioni dei promotori, ha scattato la fotografia di una scuola ferma, ingessata, con molte problematiche presenti già prima della pandemia. “Rispondendo alle nostre domande sulle attività di Dad – ha continuato Trinchero – gli insegnanti hanno parlato di poca interazione, di una scuola che anche online ha continuato a essere basata ancora su nozionismo, verifiche, interrogazioni, voti e compiti”.
“La didattica a distanza – ha terminato Trinchero – necessita di molta preparazione. Solo il 10% dei docenti intervistati, peraltro, ha detto di essersi trovato bene con questa modalità”. In definitiva, quello che è stato portato avanti in questi mesi attraverso le attività online è stato quasi esclusivamente frutto dell’improvvisazione e non di preparazione e pianificazione.